Il CARRO POSTERIORE: perché la verità non è lì dove credi

Nel corso della mia esperienza nel campo della moutain bike mi sono spesso interrogato sul “perché” di certe scelte. E a volte, dopo mesi, se non anni di prove e ragionamenti non ho trovato motivi reali che avessero indotto un ingegnere ad una determinata scelta… Industrializzazione? Moda? Colore? Temo che a volte questi siano motivi davvero principali.
 
Faccio questo piccolo preambolo perché oggi noi di MTBTECH vogliamo ragionare insieme su una quota specifica dei telai da mtb, che insieme a tutte le altre sicuramente concorre al carattere di una determinata bici: la lunghezza del carro posteriore. Ma perché?
 

 
Ragioniamo prima di tutto a livello storico, perché se dobbiamo partire da qualche parte non possiamo che partire dall’inizio.
 
In principio fu”…la bici da strada, o meglio quella da tutti i giorni, che poi divenne sport, e chiaramente, dagli albori di questo sport la bici fu utilizzata prima di tutto su “strada” (per quanto magari non ancora asfaltata!) e solo negli anni 70/80 alcuni pazzi come Cunningham e Tom Ritchey presero delle normali bici da spiaggia o da tutti giorni e, montate le gomme più grosse e tassellate possibile, iniziarono a buttarsi giù dai monti lungo i sentieri.
 
Quindi chiaramente l’evoluzione telaistica del settore “strada” partiva avvantaggiata di almeno una cinquantina di anni rispetto alla nuova nata mtb. Per quanto in realtà materiali e ricerca all’inizio fossero scarse già negli anni ’70 le bici da corsa avevano chiari alcuni parametri geometrici come interasse, lunghezza del carro posteriore e sopratutto la posizione in sella, e infatti nacquero anche le prime bici specifiche da chrono, salita ecc. poi i nuovi materiali e non più solo l’acciaio, anche se portato allo stato dell’arte, diedero la spinta finale alla ricerca.
 


 
Ecco quindi che la mountain bike attinse per quel che poteva dal settore strada, scoprendo poi lentamente le modifiche assolutamente essenziali per la categoria. Una delle prime fu la nascita del così detto design “slooping”, ovvero il tubo orizzontale inclinato verso il basso nella direzione del tubo sella. Forse scoperta da qualcuno la prima volta che fu costretto a mettere “giù il piede” in situazioni scabrose impattando sul tubo orizzontale con la zona pubica!
 
Addirittura il design slooping fu poi ripreso, dopo una decina di anni, sulle bici da corsa perché comunque contribuiva a rendere un telaio più rigido e leggero, una scelta vincente che migliorava comunque anche il settore delle bici da strada… Un po’ come i freni a disco, duri da digerire per la categoria strada, ma attualmente divenuti standard della media e alta gamma.
 

Bene, un passo in dietro.


 
Perché ci fu tanta ricerca sul carro posteriore delle bici da strada? Perché era di fatto ciò che trasmetteva la forza del ciclista al suolo e al tempo stesso era quello che poteva migliorare o meno il comfort di marcia, visto che sulla ruota posteriore gravava gran parte del peso e soprattutto la sella!
La ricerca fu semplice, tralasciando materiali ed eventuali sistemi per “ammorbidire” la risposta del carro fungendo da ammortizzatore, si comprese velocemente che un carro corto rendeva la bici più performance in salita e sugli scatti, rubando meno energie al ciclista, di contro era un vero e proprio spezza schiena sulle lunghe distanze. Chi ne poteva trarre i benefici maggiori erano sicuramente gli scalatori e i velocisti, si arrivò addirittura ad separare in due il tubo sella per infilarci la ruota posteriore o a curvarlo vistosamente per arrivare a lunghezze di carro ridicole!
 

 
E in tutto questo la mountain bike che faceva? Nascevano le prime sospensioni posteriori e le prime racing bike da XC che appunto, attingendo dall’esperienza corsa, riproponevano gli stessi concetti.
 

Ma aveva senso?


 
Gli atleti in effetti riuscivano con gambe e schiena a sopperire a carri “morbidi” e sospensioni e pur di avere un etto in meno la guerra al carro più corto si innescò in breve tempo.
 
La gente comune, l’appassionato della domenica, invece sperimentava sensazioni ben diverse. Perché la mtb è uno sport ben più dinamico e fisico del ciclismo su strada: spesso si percorrono strappi fuori da ogni logica in un ottica strada, sia in salita che in discesa, e il peso del biker (che è il vero e proprio BARICENTRO del sistema uomo/bici, non dimentichiamolo!) rende percepibili anche pochi millimetri di variazione di alcune parti…prima fra tutte? IL CARRO POSTERIORE!!!
 
Un carro troppo corto infatti obbliga il biker a scomodissimi trialismi per superare le salite più impervie e quando non si riesce a mantenere letteralmente l’equilibrio l’impennata e il ribaltamento sono dietro l’angolo! Come mai? Semplice, siamo come su una bascula, un altalena, e chiaramente il nostro peso ne sposta l’equilibrio.
 

 
Avete mai visto le gare di salita di motocross-prototipi con carri lunghissimi (oltre al metro!)? Ecco, lì il gioco è lampante. Salgono su pendenze superiori al 100% e comunque quando non riescono a mantenere l’equilibrio si ribaltano malamente. Impensabile con una moto dalle geometrie standard salire su quelle pendenze.
 

 
Ma la mtb non è solo salita, ed ecco che la coperta si fa corta. Perché se l’ovvia soluzione sarebbe tenere un carro abbastanza lungo (a maggior ragione su una e-mtb, dove potenza e coppia sono superiori) per rendere accessibili anche gli strappi più ardui ad un biker neofita, un carro eccessivamente lungo compromette la guidabilità.
 

Ma dove? E come?


 
In realtà anche qui studi “seri” sul campo non mi risulta siano stati fatti, ovvero, nessuno si è mai preso la briga di realizzare la stessa bici, magari full suspended, con un carro lungo 440 mm e magari 540mm per vedere se davvero portando all’estremo le quote la cosa cambiava. Forse un artigiano per diletto potrebbe sperimentare, ma una grande azienda quanto realmente spenderebbe a livello di ricerca e sviluppo se si può appoggiare a standard consolidati? Si provano bici diverse, magari nate per specialità diverse, una con 430 e una con 450mm di carro e via…una delle due è “assolutamente inguidabile in discesa sullo stretto”. Mi viene da ridere.
 

 
Sempre guardando indietro esiste un ramo di sospensioni posteriori dette semplicemente “high pivot” che per anni è stata sviluppata per la dh e freeride e ora guarda caso sta tornando (Commencale, Norco, Deviate, Forbidden e molte altre). Senza entrare nel complicato mondo delle sospensioni vi faccio l’esempio di un modello a cui sono molto legato e orgoglioso possessore, la Zerode DH G2. Visto il particolare sistema di sospensione questa bici (27.5!) ha credo il carro più corto mai realizzato, almeno per una full suspended (422 mm!) che, udite udite, a fondo corsa diventano quasi 500!!!
 
Eppure niente di questo l’ha resa incapace di vincere gare su gare, titoli ecc. e insieme a lei tutte le nuove bici citate prima hanno la stessa peculiarità. Da ferme carro cortissimo, a sag diciamo nella norma e a fondo corsa ben sopra la media. Il che vorrebbe dire che sono inguidabili sopratutto nelle curve strette o dove si “schiaccia” la bici per andare forte…ovvero proprio in quelle condizioni che esalterebbero o meno un carro corto…strano!
 

 
Qualcosa non torna. Soprattutto se leghiamo la lunghezza del carro posteriore alle sospensioni.
 
Ragionando in un ottica “rigida” andrebbero davvero condotti dei test seri sulla stessa bici con carro di lunghezze diverse, mantenendo inalterate le altre quote, così da dirimere una volta per tutte la questione. Difficile.
 
Quindi ci dovremo accontentare dell’antico motto “in medio stat virtus”, la verità sta nel mezzo, cercando di sopperire con la guida dinamica le pecche di comportamento del nostro telaio.
 

 
Personalmente ritengo che un carro lungo fino a 460, 470 mm possa essere ideale per una emtb tutto fare, senza particolari velleità discesistiche (ma che comunque possa tenere un buon passo, tanto come tutti sappiamo la differenza principale lì la fa il “manico”!) ma che si difenda bene in salita, ci faccia sfruttare la potenza aggiunta del motore e non ci faccia litigare troppo con grip e impennate nelle situazioni più ardue, e lascerei i carri sotto ai 435 alle bici da xc. Per quel che riguarda il ramo gravity magari anche lì potrebbe avere un senso un carro molto corto, ma non dimentichiamoci che almeno la branca “enduro” è parecchio utilizzata dagli appassionati “non gareggianti” e quindi nel loro giro della domenica magari la salita gli costerebbe ancora di più di quanto già un enduro normale faccia. Se si usa la seggiovia, allora, si potrebbe anche scendere sotto i 430 e vedere che succede!
 
Insomma, è questione di dimensioni si, ma forse la lunghezza del carro rimane ancora un valore non assolutamente estremizzabile. Per l’ennesima volta è questione di trovare il giusto compromesso? 😉
 
Voi che ne pensate? Lasciate un commento nei nostri canali social! 🙂
 
Testo: Fil Palmer
Foto: archivio MTBTECH

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