In Scozia con una YETI 160E – Shimano
Girare in Scozia non è cosa da tutti i giorni, tantomeno farlo con una la YETI 160E
Dici Scozia e pensi ai suoi paesaggi incontaminati, gli innumerevoli loch (laghi) e i misteriosi castelli incastonati in uno scenario da saga fantasy, tra le Highlands e l’oceano. Girarci in bici è un sogno che si avvera grazie a Shimano Europe che ci ha invitati per una due giorni di riding epico. A condurci tra il paesaggio da fiaba scozzese è Chriss Bigg, guida del tour operator MTB H+I Adventures con sede a Inverness.
Si sa, il tempo è inclemente da queste parti. Bene che vada piove (poco). Mal che vada piove (tanto) e tira vento (parecchio). Per quanto il tempo sia buono, l’inconveniente è dietro l’angolo. Parte del lavoro della mia guida è proprio capire – incrociando i dati di 3 app – dove pioverà e per quanto tempo, e individuare così delle finestre di tempo “decente”. D’altronde siamo in Scozia, terra famosa per il suo clima mutevole, oltre che per il whisky, le pecore e le mucche.
La bici messa a nostra disposizione era una nuovissima YETI 160E, la dream e-Bike del brand americano uscita sul finire dell’anno scorso. Una bestiolina bella e impossibile (montata con Fox Factory, cambio XT, freni SDRAM code RSC, cerchi DT Swiss EX 1700 e reggisella telescopico Wireless Rockshock Reverb AXS, costa 13.500 euro). Un bel colpo per Shimano che equipaggia un’assoluta numero uno.
Il riding
Il primo della due giorni si è svolto nel parco nazionale di Cairngorms, dove d’inverno si scia e in primavera si apre a ciclisti e trekker. Dentro il suo ampio territorio si trovano cinque delle sei montagne più alte del Regno Unito, nonché 55 Munros, montagne che superano i 900 metri. Dentro una quantità di foreste con antichi alberi nativi, cascate fragorose e vita selvatica di quanta possiate immaginare. Il parco nazionale è a pochi chilometri da Inverness ed è totalmente percorribile a piedi o in bici. La nostra traccia parte dal paese di Inverdruie, ed è un mangia e bevi privo di particolari difficoltà tecniche. Il questo frangente il motore Shimano si è rivelato un supporto alla pedalata dal feeling molto naturale, silenzioso e agile. Nei tratti su single track in discesa assaporo le potenzialità della bici e la risposta brillante del motore quando serve il colpo di pedale, specie in modalità trail e persino boost sui falsipiani. Sul fango la modalità trail è d’obbligo. La pioggia si palesa copiosa, ma solo alla fine del giro. Siamo fortunati.
Il secondo giorno è il turno della “big mountain ride”, ma le previsioni non sono le migliori. La finestra di tempo accettabile, mi dice Chris, è molto ristretta e nel pomeriggio, dice, potrebbe persino nevicare. Mi preoccupo, ma fa parte dell’avventura. Bisogna fare in fretta e un paio d’ore basteranno. Siamo a un’ora da Inverness in direzione sud-ovest, in prossimità della costa frastagliata dell’oceano. Sembra di stare in un tipico paesaggio alpino sopra i 2500 m, quando la vegetazione è rada e le foreste di pini lambiscono a sprazzi il territorio. Dopo un breve tratto scorrevole su una taglia fuoco la salita si fa sempre più ripida e tecnica. In questo frangente la nostra e-mtb è una manna, con il motore Shimano EP8 che si dimostra un buon compagno di salita. Salgo prevalentemente in modalità “trail”, il motore gira fluido e mi permette di salire sezioni ripide che con la muscolare sarebbero precluse.
La forcella segue la traiettoria con decisione e il posteriore rimane sempre incollato al terreno, con la ruota che difficilmente perde grip. Diversamente con la modalità “Boost”, che rende il posteriore troppo ballerino e nervoso. La salita è lunga e mette a dura prova la mia resistenza, con rocce affioranti e larghi scoli dove bisogna alzare entrambe le ruote. La guida è fisica, ed è in questi casi che la YETI 160e motorizzata Shimano dimostra tutto il suo potenziale esplorativo. La discesa che segue è tecnica con numerosi passaggi insidiosi e pochi tratti scorrevoli dove lanciare la bestiolina da 22 chilogrammi.
Il feeling di guida è ottimo, grazie alle rocce bagnate di granito che mantengono un ottimo grip anche con la pioggia (che comunque non è torrenziale). In questo frangente la Yeti si rivela sempre all’altezza, grazie ad una cinematica che copia tutte le asperità in maniera fluida ed efficace con un fondo corsa che pare infinito. La forcella anteriore ci conquista per comfort e precisione: copia tutto in maniera incredibile, l’ideale in queste situazioni dove i 170 mm di escursione si rivelano ideali.
Come va la bici
Una cosa ho capito. La YETI 160E, la prima ebike del brand con sede in Colorado è un bellissimo cavallo selvaggio e per poterne godere le potenzialità occorre saperla domare. Non mi sentirei di consigliarla ai neofiti perché predilige una guida fisica, molto attiva. Insomma, per sfruttarne appieno le molte potenzialità serve manico. Al contrario, se la guida è passiva, sarà la bici a comandare. D’altronde come la sorellina muscolare mantiene fede alla sua fama.
La cosa interessante della Yeti 160E è sicuramente la nuova cinematica Sixfinity che gestisce la bella sospensione posteriore, un progetto iniziato nel 2016 e concluso solo nel 2021. In estrema sintesi, il produttore dichiara che l’Anti Squat raggiunge un valore del 100% quando la sospensione si trova a metà della sua corsa, rendendo il carro molto stabile. Quando la sospensione raggiunge la metà della sua corsa entra in gioco lo Switch Link, un sistema di infulcro che si sposta cambiando direzione. Lo spostamento del punto di infulcro contribuisce a far diminuire il valore di anti squat.
Grazie a questo sistema il rider può anche configurare tre diverse opzioni che influenzano il rapporto di leva. Al posteriore il fulcro è sostenuto da un Fox Float X da 160mm. Lo possiamo affermare senza ombra di dubbio: la cinematica posteriore lavora alla grande ed è soprattutto nelle sezioni tecniche che dà il meglio di sé, copiando sempre al meglio ogni asperità, restituendo grip e feeling di guida, sia sui tratti tecnici lenti, sia nello sconnesso veloce e ripido. Il lavoro del carro in simbiosi con il Fox è in assoluto tra i migliori che mi è capitato di provare. All’anteriore la Fox 38 si è rivelata un gioiello, la forcella ideale per le enduro elettriche.
Il Motore Shimano
I brand americano ha scelto Shimano e il motivo è semplice: oltre che esser molto compatto, rendendo fluida la linea della bici, è più per il suo comportamento sui trail. Il motore Shimano è sì potente (con i suoi 85 Nm di coppia), ma con una potenza erogata in maniera più fluida, con un’assistenza alla pedalata che risulta più naturale dei suoi concorrenti (specie quello tedesco). E, quando si rallenta di molto l’azione sui pedali, il supporto elettrico rimane docile, fluido e proporzionale alla spinta che si imprime sui pedali.
C’è l’app con la quale è possibile decidere sul proprio smartphone quanto rapidamente il motore deve entrare in azione appena riceve l’input dai pedali e altro aspetto che ci ha colpito favorevolmente è la silenziosità. Certo non è completamente silenzioso, dalla modalità trail in su, ma è comunque meno “invadente” rispetto ad alcuni concorrenti. La cosa che mi ha maggiormente colpito del motore è il fatto che in Trail, sulle pendenze più marcate e sui tornanti più stretti in salita, non c’è mai bisogno di agire sul freno posteriore per dosare l’erogazione del motore. In Boost le cose cambiano in modo netto e l’esuberanza del motore si fa sentire e sui sentieri tecnici risulta difficile da gestire, al contrario delle salite scorrevoli, dove il Boost mette pepe.
La possibilità di personalizzare la guida con l’app dedicata è un’opzione davvero efficace. Per ogni livello di assistenza si possono variare due parametri: la forza dell’assistenza (misurata in Nm) e la velocità di avvio dell’assistenza elettrica. La modalità Eco non eroga più di 49 Nm, ma impostando la forza del motore su questo valore si ha comunque una modalità grintosa e utilizzabile in una gamma ampia di frangenti, mentre la modalità Trail può invece arrivare al valore massimo di 85 Nm. In questo caso la forbice di regolazione per il livello di energia assorbito (definito come “carattere servoassistenza”) è più ampia, e ne estende le possibilità di utilizzo anche su salite più ripide.
Sull’autonomia mi risulta difficile dare un giudizio chiaro. Il primo giorno con 36 km e 500 m di dislivello e batteria residua del 50% e il secondo, più impegnativo, di 15Km e 500 metri di dislivello con il 40% di batteria residua, sono un ottimo risultato soprattutto se si considerano i 630 Wh della batteria integrata standard.
Per informazioni: bike.shimano.com/it
Testo: Marco Trabucchi